Le misure alternative alla detenzione

  • 12 Dicembre 2011
  • 703 Views

L’AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE
La misura in esame è disciplinata dall’art. 47 dell’Ord. Pen. e consiste nell’affidamento al servizio sociale del condannato fuori dall’Istituto di pena per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
I requisiti per la sua concessione sono:
pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a tre anni;
osservazione della personalità, condotta collegialmente in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati;
avere tenuto un comportamento tale da consentire lo stesso giudizio di cui sopra anche senza procedere all’osservazione in istituto.
Per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, è previsto che l’affidamento in prova al servizio sociale possa essere concesso anche oltre i limiti di pena previsti.
L’art. 5 della Legge n. 231 del 12.07.1999 ha disposto, per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, la non applicazione del divieto di concessione dei benefici previsto per gli internati e per coloro che sono detenuti per i reati di cui all’art. 4 bis della L. n. 354/75, fermi restando gli accertamenti previsti dai commi 2, 2 bis e 3 dello stesso articolo.
L’istanza per usufruire della misura deve essere inviata, corredata dalla necessaria documentazione, se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell’esecuzione della pena. Il Pubblico Ministero trasmette l’istanza al Tribunale di Sorveglianza competente, che fissa l’udienza; se il soggetto è detenuto, l’istanza deve essere inviata al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo dell’esecuzione, il quale può sospendere l’esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza.
Se il soggetto è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, l’istanza deve essere corredata da idonea certificazione come previsto nell’art. 5, II comma, L. n. 231/99. Se l’istanza non è accolta, si dà inizio o riprende l’esecuzione della pena.

L’AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE PER TD E ALCOOLDIPENDENTI
E’ una particolare forma di affidamento in prova rivolta ai tossicodipendenti e alcooldipendenti che intendano intraprendere o proseguire un programma terapeutico.
I requisiti per la sua concessione sono:
la pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a quattro anni;
lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza del condannato, che ha in corso o che intende sottoporsi ad un programma di recupero;
il programma terapeutico deve essere concordato dal condannato con una A.S.L. o con altri enti, pubblici e privati (art.115 D.P.R. n. 309/90);
una struttura sanitaria pubblica deve attestare lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza e l’idoneità, ai fini del recupero, del programma terapeutico concordato.
Il beneficio dell’affidamento in prova in casi particolari non può essere concesso più di due volte.

L’AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE PER CONDANNATI MILITARI
L’affidamento in prova al servizio sociale per i condannati militari ha l’obiettivo di evitare che i soggetti che si rifiutano di prestare sia il servizio di leva sia il servizio sostitutivo civile, entrino in carcere.
La normativa (Legge n. 167/83) rimanda alla regolamentazione prevista dall’art. 47 della Legge n. 354 del 1975 per l’affidamento in prova al servizio sociale.
La condizione per la concessione della misura è rappresentata da una pena detentiva inflitta dal Tribunale Militare per il rifiuto di prestare il servizio militare e il servizio sostituivo civile.

L’AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE E LA DETENZIONE DOMICILIARE PER SOGGETTI IN AIDS CONCLAMATA
Con l’inserimento dell’art. 47 quater nell’Ordinamento penitenziario (L. n. 354/75), il Legislatore ha voluto consentire ai soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, la possibilità di iniziare o proseguire un programma di cure idonee in apposite strutture, evitando i danni derivanti dalla condizione di privazione della libertà e dall’ambiente penitenziario.
Il predetto articolo permette ai predetti soggetti di accedere alle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, in quanto, tra i requisiti richiesti, l’articolo non pone limiti di pena detentiva inflitta.
Ne possono fruire i condannati affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertata ai sensi dell’art. 286 bis, II comma del c.p.p., che abbiano in corso o intendano intraprendere un programma di cura e assistenza presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere e universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS.
L’istanza può essere presentata dall’interessato oppure dal suo difensore al Tribunale di Sorveglianza competente, allegando alla stessa la certificazione del Servizio sanitario pubblico competente o del Servizio sanitario penitenziario che attesti la sussistenza delle condizioni di salute e che indichi la concreta attuabilità del programma di cura ed assistenza, in corso o da effettuare, presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere e universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS.
Anche gli internati e i condannati per i reati che rientrano nell’art. 4 bis della L. 354/75, possono inoltrare istanza in tal senso.
Il Tribunale di Sorveglianza, nell’ordinanza di concessione, deve impartire le prescrizioni per l’esecuzione della misura alternativa e quelle relative alle modalità di esecuzione del programma (art. 5, III comma, L. 231/99).
I Centri di Servizio sociale per adulti si attengono ai compiti così come previsti dall’art. 47 dell’Ord. Pen. oppure, nel caso di applicazione della misura della detenzione domiciliare, essi svolgono attività di sostegno e controllo circa l’attuazione del programma.
Qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto a misura cautelare per avere commesso un reato successivamente alla concessione del beneficio, può scattare la revoca della misura alternativa concessa.

LA SEMILIBERTA’
La semilibertà può essere considerata come una misura alternativa impropria, in quanto il soggetto, rimanendo in stato di detenzione, si reinserisce “parzialmente” nell’ambiente libero.
La misura, regolamentata dall’art. 48 dell’Ord. Pen., consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dall’Istituto di pena per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale, in base a un programma di trattamento la cui responsabilità è affidata al Direttore dell’Istituto di pena.
I requisiti giuridici per la concessione della semilibertà sono:
la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi se il condannato non è affidato al servizio sociale (art. 50, I comma, Ord. pen.);
l’espiazione di almeno metà della pena ovvero, se si tratta di condannato per uno dei delitti indicati all’art. 4 bis, I comma, Ord. pen., di almeno i due terzi della pena (art. 50, II comma, Ord. pen.);
nei casi previsti dall’art. 47 Ord. pen., se mancano i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale, il condannato per un reato diverso da quelli indicati nell’art. 4 bis, I comma, Ord. pen. può essere ammesso al regime di semilibertà anche prima dell’espiazione di metà della pena (art. 50, II comma, Ord. pen.);
l’espiazione di almeno venti anni di pena per i condannati all’ergastolo;
essere sottoposto ad una misura di sicurezza detentiva (internato).
I requisiti soggettivi per la concessione della semilibertà sono:
avere dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale per i casi previsti dall’art. 50, I comma, Ord. pen. (pena non superiore a sei mesi);
avere compiuto dei progressi nel corso del trattamento quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società per tutti gli altri casi.

LA DETENZIONE DOMICILIARE
Con tale beneficio si è voluta ampliare l’opportunità delle misure alternative, consentendo la prosecuzione, per quanto possibile, delle attività di cura, di assistenza familiare, di istruzione professionale, già in corso nella fase della custodia cautelare, nella propria abitazione (arresti domiciliari) anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, evitando così la carcerazione e le relative conseguenze negative.
L’art. 47 è stato modificato dalla Legge n. 165 del 27.05.1998, che ha ampliato la possibilità di fruire di questo beneficio.
La misura, consistente nell’esecuzione della pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora o in luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza, può essere concessa in diverse ipotesi.
La detenzione domiciliare può essere concessa in presenza di una pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a quattro anni, nei seguenti casi:
donna incinta o madre di prole di età inferiore a dieci anni con lei convivente;
padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore a dieci anni con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;
persona minore degli anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
La detenzione domiciliare può essere concessa in presenza di una pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a due anni, se:
non ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale;
l’applicazione della misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati;
non si tratti di condannati che hanno commesso i reati di particolare gravità specificati nell’art. 4 bis Ord. pen.
Se tale misura viene revocata, la pena residua non può essere sostituita con altra misura.
La detenzione domiciliare può essere concessa in presenza di una pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, anche superiore a quattro anni, quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena ai sensi dell’art. 146 c.p. (casi di donna incinta, donna che ha partorito da meno di sei mesi, oppure persona HIV+ nei casi di incompatibilità con lo stato di detenzione) o il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena ai sensi dell’art. 147 c.p. (casi di presentazione di una domanda di grazia, di condizione di grave infermità fisica, oppure di donna che ha partorito da più di sei mesi, ma da meno di un anno, e non vi è modo di affidare il figlio ad altri che alla madre).
Il Tribunale di Sorveglianza dispone l’applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione che può essere prorogato. L’esecuzione della pena prosegue durante l’esecuzione della misura.
La detenzione domiciliare può essere altresì concessa in presenza di una pena detentiva non superiore a tre anni, anche se costituente residuo di maggior pena, in caso di soggetto agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire.
Con la Legge n. 231 del 12.07.1999, che ha introdotto l’art. 47 quater per i soggetti affetti da AIDS conclamata, la misura alternativa può essere concessa anche oltre i limiti di pena previsti.
L’art. 5 della Legge n. 231 del 12.07.1999 ha disposto, per i soggetti affetti da AIDS conclamata, la non applicazione del divieto di concessione dei benefici previsto per gli internati e per coloro che sono detenuti per i reati di cui all’art. 4 bis della L. n. 354/75.
L’istanza per usufruire della detenzione domiciliare deve essere inviata, se il soggetto è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell’esecuzione della pena. Il Pubblico Ministero trasmette l’istanza al Tribunale di Sorveglianza competente, che fissa l’udienza; se il soggetto è detenuto, l’istanza deve essere inviata al Magistrato di Sorveglianza, che può disporre l’applicazione provvisoria della misura quando sono presenti i requisiti di cui all’art. 47 ter, commi 1 e 1 bis, Ord. pen. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza competente, che fissa l’udienza.
Se il soggetto è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, l’istanza deve essere corredata da idonea certificazione come previsto nell’art. 5, II comma, L. n. 231/99.