Le misure cautelari

  • 12 Dicembre 2011
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I presupposti generali di applicabilità delle misure cautelari sono previsti dagli articoli 273, 274 e 275 c.p.p.
Le misure cautelari presuppongono:
la gravità di indizi di colpevolezza;
la mancanza di cause di giustificazione, di non punibilità, di estinzione del reato o della pena;
la presenza di esigenze cautelari:
per garantire la genuinità e acquisizione della prova;
per evitare il pericolo di fuga;
per impedire la reiterazione di reati.
L’ art. 275 c.p.p. individua i criteri di scelta delle misure nell’idoneità, nella proporzionalità e nell’inadeguatezza di misure più lievi.
La custodia cautelare in carcere è, invece, obbligatoria per i delitti di cui all’art. 416 bis c.p. e per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste all’art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.
L’art. 275 c.p.p. fissa i criteri che devono guidare il Giudice, in relazione ai singoli casi concreti, nella scelta tra le varie misure cautelari.
Quindi, accertato che a carico della persona sussistono gravi indizi di colpevolezza e ricorrono altresì le esigenze cautelari processuali o extraprocessuali di cui all’art. 273 c.p.p., la scelta, in concreto, della misura dovrà essere effettuata alla luce dei principi di “adeguatezza” e “proporzionalità” delle stesse.
Ai sensi dell’ art. 275, comma 4 bis, c.p.p., non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l’ imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.
Se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie e penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell’ imputato o di quella degli altri detenuti, il Giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso i reparti di malattie infettive ospedalieri e universitari, o presso altri reparti impegnati secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS, o presso residenze collettive (case alloggio).
Il Giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti all’art. 380 c.p.p., e relativamente ai fatti commessi dopo l’applicazione delle misura disposte ai sensi dei commi 4 bis e 4 ter.
In tal caso il Giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura ed assistenza necessaria.
La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del Servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie.
Infine, ai sensi dell’ art. 276, comma 1 bis, quando l’imputato si trova nelle condizioni di cui all’art. 275, comma 4 bis c.p.p., e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il Giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso, il Giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessaria.
Ove ritenga di trovarsi in condizioni di incompatibilità con lo stato di detenzione carceraria, l’indagato potrà rivolgere istanza di revoca o di sostituzione della più grave delle misure cautelari al Giudice procedente, il quale potrà disporre accertamenti medici.
Avverso l’eventuale procedimento di rigetto della predetta richiesta, l’indagato può proporre appello, enunciandone i motivi, entro 10 giorni dalla notificazione del provvedimento al Tribunale della Libertà.