L’attività in favore dei bambini sieropositivi e delle loro rispettive famiglie, è una delle più importanti, portate avanti dal C.A.M.A. di Bari, in quanto, i volontari e, in particolare, le donne della sede, sieronegative, sieropositive e madri di bambini sieronegativi, hanno avvertito la necessità di essere vicine a donne con maggiori difficoltà da affrontare, poiché la doppia condizione di HIV+ (madri e figli sieropositivi), pone le donne, in una posizione, rispetto alla vita, completamente diversa. Dai gruppi di Auto-Aiuto, che già l’Associazione porta avanti da circa due anni, è emerso che avere un figlio HIV-, per una donna sieropositiva, significa prestare maggiore attenzione alla propria salute: un porsi positivamente nei confronti della vita e delle sue difficoltà, un cercare di curarsi, non solo per se stesse, ma anche per continuare questo rapporto madre-figlio, evitando, per quanto possibile, traumatiche interruzioni. Spesso, invece, per le donne HIV+ con figli, il virus rappresenta l’intruso, che può interrompere e condizionare la relazione materna.
Una donna HIV+ con figli sieropositivi, presta poca attenzione al proprio stato di salute, la sua vita è concentrata sulla malattia del bambino, e, se quest’ultimo peggiora, anche il genitore si lascia trascinare in una condizione di abbandono e di rassegnazione; i bambini, spesso, avvertono tali sentimenti e peggiorano, soprattutto, dal punto di vista psicologico: il rapporto diventa sofferto, madre e figlio si condizionano, poiché l’intruso è riuscito a condizionare. L’Aids pediatrico, tranne che in alcuni reparti di malattie infettive, è meno sentita come problematica, infatti, c’è poco interesse, poiché in una società come la nostra, dove contano solo i numeri, e, non le persone, non sono da prendere in considerazione i bambini sieropositivi, poiché sono ben poca “cosa”, rispetto agli adulti sieropositivi. Dovremmo augurarci, dunque, che, il numero dei minori che s’infetta, aumenti? L’associazione C.A.M.A. di Bari, ha, fin dal principio, rifiutato la tendenza comune, per la quale si parla e si lavora e ci si impegna solo per chi può avere o ha , più o meno, un ruolo, può servire, può essere utile!! I bambini, in genere, nella nostra società, sono poco considerati, non sono produttivi e rappresentano un “numero” esiguo di persone: noi adulti non li ascoltiamo!!
Il bambino sieropositivo rappresenta, in più, un fastidio, un problema da ghettizzare in un reparto, in una casa-alloggio, in una associazione.
A Bari abbiamo realizzato sei SOGGIORNI DI VACANZA, delle feste, per questi bambini, ma non abbiamo risolto il problema della discriminazione; abbiamo difficoltà ad inserirli negli asili o nelle scuole; a realizzare un affido o un’adozione, quando le figure parentali di sostegno sono assenti ( decesso, tossicodipendenza, incapacità). Le strutture ed i servizi di supporto – Case-alloggio e assistenza domiciliare – sono inesistenti, oppure, l’offerta, è minore rispetto alle esigenze.
Cosa fare? Questo è l’interrogativo: forse non è possibile una risposta immediata ed è giusto che sia così, poiché le soluzioni concrete richiedono impegno e riflessione, ma dovrebbe essere l’inizio, perché, la voce dei bambini sia ascoltata e si elevi sull’indifferenza!!
Dr.ssa Angela CALLUSO
Avvicinare un bambino sieropositivo: perché?
- 4 Gennaio 2012
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