Tutela nel lavoro

  • 12 Dicembre 2011
  • 685 Views

Nel campo del diritto del lavoro almeno tre profili di tutela del soggetto sieropositivo meritano attenzione:
innanzitutto, quello della privacy, sì che egli non debba subire controlli ingiustificati ed illegittimi, sia precedentemente all’assunzione -soprattutto se questi possano costituire una discriminazione nell’accesso al lavoro- sia nel corso del rapporto di lavoro in ragione di un sospetto di sieropositività.
In secondo luogo, il diritto alla salute del lavoratore, inteso come diritto ad essere curato, senza pregiudizio, per la posizione lavorativa acquisita.
In terzo luogo, il diritto a non essere discriminato con riguardo allo sviluppo della propria professionalità, in ragione della malattia.
Sulla base dei principi sopra evidenziati, non dovrà mai trascurarsi che:
lo stato di salute del lavoratore non potrà mai essere controllato se non attraverso strutture pubbliche;
non sarà mai consentito un controllo da parte di chicchessia, se non sulle specifiche caratteristiche rilevanti ai fini della sola valutazione dell’attitudine professionale del soggetto sieropositivo;
lo screening obbligatorio è assolutamente vietato. Tale divieto, suffragato da specifica raccomandazione del Consiglio d’Europa, trova tutela nelle leggi giuslavoristiche (artt.5 ed 8 L. 300/70) oltre che nella L. 675/96 in materia di privacy e nella L. 135/90, disposizione speciale sulle garanzie dei soggetti sieropositivi.
L’eccezione al principio è rappresentata dalla sentenza della Corte Costituzionale n° 218 del 1994 che ha sancito l’obbligatorietà del test per le categorie di lavoratori impegnati in “attività che comportano rischi per la salute di terzi”. La natura di tali competenze tuttavia nella sentenza non vengono esplicitate; in fase interpretativa si è stabilito che riguardano quelle mediche e paramediche e del personale di Polizia.
Comporto: previsto nella contrattazione collettiva. La durata dello stesso sarà pari a quella indicata in contratto per qualsiasi tipo di malattia.
Il Dlgs. 626/1994 mirante la generalizzata salvaguardia della salute dei lavoratori sul posto di lavoro, consente che possano essere richiesti accertamenti sanitari preassuntivi e controlli, per il mantenimento e la miglior collocazione sul luogo di lavoro. Il tutto comunque a precise condizioni: salvaguardia della riservatezza degli accertamenti (il responsabile sarà il datore di lavoro o persona dallo stesso designato) e divieto di discriminazione sulla base dell’esito degli accertamenti effettuati.
Il sistema delineato dal Dlgs. 626/1994 impone che il datore di lavoro appresti le necessarie cautele, in relazione alla specificità dell’attività, perché siano evitate occasioni di trasmissione di agenti patogeni tra i dipendenti e tra questi ed i terzi.

ALTRE ED ULTERIORI GARANZIE
Il lavoratore non potrà mai perdere il posto di lavoro, per licenziamento da parte del datore di lavoro, se non previa comunicazione scritta e per giusta causa o giustificato motivo. Non sarà mai idoneo ad integrare l’una o l’altra ipotesi il fatto che il lavoratore sia sieropositivo.
Ove si verifichi un’ipotesi del genere il licenziamento dovrà essere reputato nullo.
Attenzione! IL LAVORATORE DOVRA’ IMPUGNARE IL LICENZIAMENTO ENTRO 60 GIORNI DALLA RICEZIONE DELLA LETTERA.

Assenze per malattia e perdita del posto di lavoro
Il lavoratore affetto da sieropositività in HIV o che versi in AIDS conclamata, presumibilmente avrà necessità di assentarsi dal lavoro per periodi più o meno lunghi per malattia.
Egli non potrà essere licenziato durante il periodo della malattia, essendogli garantita la conservazione del posto per un periodo (c.d. periodo differenziato), superato il quale il licenziamento potrà essere comminato, ovvero, se comunicato prima, potrà avere efficacia.
Perdita temporanea della libertà per custodia cautelare
Ove il lavoratore, per fatti inerenti alla prestazione lavorativa, ovvero per fatti estranei che determinino la perdita d’interesse del datore di lavoro di ricevere la prestazione lavorativa, potrà essere licenziato.
I contratti collettivi solitamente disciplinano la ipotesi di cui si tratta.

Trasferimenti e mutamenti di mansioni
Il trasferimento del lavoratore potrà essere imposto solo per comprovate ragioni tecnico produttive ai sensi dell’art. 2103 c.c.. Per tale motivo non sarà mai consentito al datore di lavoro trasferire un lavoratore, perché sieropositivo.
In ogni caso le mansioni e la professionalità del lavoratore dovranno essere salvaguardate, a pena di nullità di ogni patto contrario.

PERDITA D’IDONEITÀ
Quando venga accertata dalle autorità sanitarie, innanzi indicate, la sua inidoneità , il lavoratore potrà essere licenziato, sempre che le dimensioni aziendali non consentano l’utile ricollocazione del lavoratore in altre mansioni, anche se inerenti ad una qualifica più bassa.
I contratti collettivi possono disporre la disciplina di tale eventualità.
Le terapie attuali hanno portato in molti casi notevoli benefici alle persone HIV+,
contribuendo in maniera rilevante a rallentare l’evolversi dell’infezione. D’altro canto l’aderenza a tali terapie comporta un notevole impegno per chi le segue, poiché prevede l’assunzione di un elevato numero di pillole al giorno (15, 20 o più) ad orari precisi e con una alimentazione specifica (alcune vanno assunte a digiuno, altre appena dopo aver mangiato).
Le modalità di svolgimento di alcune attività lavorative, ad esempio la catena di montaggio, possono comportare dei problemi di aderenza al regime terapeutico. Tali problemi possono essere affrontati con accorgimenti di carattere generale, ove possibile contrattando orari flessibili.
E’ necessario ricordare che il datore di lavoro e/o il responsabile dell’Ufficio del Personale, che vengano a conoscenza di uno stato di sieropositività, in ragione delle autorizzazioni che si trovino a concedere al lavoratore per la malattia, non potranno mai farne oggetto di rivelazione a chicchessia, essendo vincolati al segreto. Nel caso si ponga un problema di inidoneità specifica, il lavoratore può chiedere, previa visita del medico legale, un cambio di mansioni equivalenti ma che abbiano modalità
e/o orari di lavoro tali da permettergli di seguire in maniera puntuale la terapia prescritta. Si consiglia, soprattutto in aziende di piccole dimensioni (ove potrebbe risultare più difficile reperire una mansione equivalente), di trovare un’intesa con il datore, anche con l’aiuto delle rappresentanze sindacali, al fine di concordare un passaggio ad una attività più consona al tipo di terapie che il lavoratore deve assumere.

LE AGEVOLAZIONI
La Legge 5 febbraio 1992, n. 104 riconosce particolari agevolazioni in ambito lavorativo alle persone con handicap.
Per “persona con handicap” si intende chi presenta una minorazione psico – fisica che comporta difficoltà di varia natura (di apprendimento, di relazione, di integrazione lavorativa).
Tra i soggetti aventi diritto a tali concessioni rientrano i lavoratori e le lavoratrici affette ha Hiv che necessitano di cure periodiche, nonché le lavoratrici madri o i lavoratori padri, anche adottivi, di minori affetti da Hiv.